Numerosi sono i temi e i paradigmi che hanno giocato un ruolo cruciale nella formazione del concetto di “sabba” durante i secoli della caccia alle streghe. Tra i più rilevanti possiamo citare l’unguento, la metamorfosi animale, il volo, il patto col diavolo, le pratiche oscene e la frenesia sessuale, a cui si aggiungono le danze estatiche, i pasti e i banchetti, spesso a base di carne umana. Nelle confessioni ottenute attraverso la tortura di uomini e donne accusati di stregoneria, il calderone emerge sempre come protagonista nel contesto di banchetti del sabba.
«DOPPI, DOPPI FATICA E DUOLO; FUOCO BRUCIA, BOLLI PAIOLO»
Giovanna Rodi, originaria di Leventina, nel 1650 confessò di aver partecipato a un banchetto al sabba, dopo aver danzato, dove il cibo era stato preparato in un calderone:
«Mi hanno datto da mangiare del panne, formagio, carne che cosinava ivi in un caldaro un omo negro. Quali robbe mi parevano insipide, fatte, senza sapore alcuno, che restimonio più affamati di prima».
Margherita “Tessardella” raccontò invece di come durante la tregenda succhiarono il sangue di una donna incinta e la gettarono nel calderone per essere cucinata.
Orsola “la Strumachera”, sempre in Val di Fiemme, dopo aver subito torture, narrò del suo primo presunto incontro notturno. Dopo aver rinunciato alla fede in Dio e aver promesso se stessa al Diavolo “in anima e corpo”, partecipò a “i fuochi”, dove estrassero il cuore di alcuni animali e lo mangiarono. Successivamente riassemblarono le ossa di ogni animale consumato «cusì remangava vivo per alquanti zorni et poi morivano tutti de mala morte». Il significato della “mala morte” rimane oscuro, ma sembra essere una caratteristica ricorrente nei processi della Val di Fiemme. Potrebbe simboleggiare la morte dell'umano, dell'ordinario e della componente “non magica”, tutto ciò che è umano e materiale. Orsola continuò a descrivere le streghe mentre danzavano e suonavano musica, con il Diavolo sotto forma di capro, raccontando come tre uomini furono cucinati e mangiati, eccetto i loro cuori, precedentemente estratti dai loro corpi. Le streghe, poi, misero della paglia al posto del cuore, rimandando le vittime a casa e stabilendo un tempo per la loro morte. «Et dapoi alquanti dì tutti moreno et se consumavano via, et se saccano et non hano mai bene». Lo stesso accadde a tre bambini piccoli, che furono fatti a pezzi, il loro cuore estratto e sostituito con della paglia; furono quindi cucinati e mangiati.
L’idea di estrarre il cuore dalla carne potrebbe rappresentare, se accettiamo l'idea del cucinare e del mangiare come un’iniziazione metaforica in un “mondo parallelo dello spirito” in cui le leggi umane sono trascese, il fatto che nella “vittima” (nell’adepto, in tale visione) tutto deve “morire” (essere trasformato attraverso il magico fuoco, trascendere la dimensione materiale) tranne il cuore, che deve già essere un nobile nucleo d’oro nella visione alchemica dell’iniziazione.
Orsola raccontò molte storie simili. Dichiarò di essere stata la cuoca delle streghe, di aver preparato carne in un calderone e che i bambini sarebbero stati «el più dolze mangiar che sia».
Valeria Ziroli, che morì in prigione dopo aver subito torture, narrò di come lei e altre streghe, con l’ausilio del Diavolo, rimossero un feto dal corpo di una donna incinta, lo cucinarono sulla “bronza” (un termine dialettale che potrebbe significare “calderone”, “forno” o “carboni ardenti”) e lo mangiarono. Poi riposizionarono pelle e ossa nel corpo della donna.
Tra i processi del sedicesimo secolo in Val di Fiemme, si trovava anche Margherita, nota come “La Vanzina di Tresero”, che sosteneva che le streghe avessero cucinato suo marito in un grande calderone e lo avessero mangiato, riassemblando poi le sue ossa e riportandolo in vita, per poi riportarlo a casa. Anche sua nuora, incinta, fu “succhiata” dalle streghe in ogni parte del corpo e gettata in un grande calderone per essere cucinata.
«PER UNA FATTURA CHE FACCIA MALE BOLLI E RIBOLLI, BRODO INFERNALE»
Nei processi italiani menzionati, abbiamo osservato il tipo di confessioni in cui è citato il Calderone e come queste si ricolleghino a elementi di cannibalismo. Si parla di un Calderone che cucina e di un Calderone che resuscita. Pertanto, è come contenitore magico che i valori metaforici del Calderone devono essere discussi. Il Calderono costituisce un tema archetipico come i vasi magici e recipienti incantanti abitati spesso da forze soprannaturali o da spiriti antichi – dal vaso di Pandora, al Genio nella lampada. Tutto ciò potrebbe riportare il pensiero alle streghe inglesi che custodivano i loro Famigli in vasetti, cesti, scatole o barattoli. Come nel caso di Ursula Kemp, che si diceva tenesse i suoi spiriti in un vaso, o Ales Hunt, che si diceva avesse due piccoli cavalli in un vaso, o Agnes Herd, che custodiva «sei mucche grandi come ratti in una scatola e sei merli in un’altra».
Esiste un possibile legame tra tali contenitori (di spiriti o poteri magici), che tutti considerano portatori di forze sovrannaturali e che collegano dimensioni mondane e trascendenti. Infatti, permettono a chi ne entra in possesso di ricevere poteri superumani attraverso i quali possono influenzare la loro realtà umana quotidiana.
Ecco che il Calderone come simbolo di trasformazione e ambiguità, emerge in simili contesti come un potente strumento di connessione tra il mondo umano e quello soprannaturale, segnando il confine tra il sacro e il profano.
Ma non solo. La simbologia del Calderone si veste di una polisemia che ne cambia il significato a seconda di coloro che ne mescolano il contenuto. Così nei processi per stregoneria, il Calderone si rivela essere più di un semplice strumento di cucina, diventando un potente simbolo del controllo, sia quello esercitato dalla Chiesa sulle donne accusate, sia quello che le streghe, secondo le accuse, esercitavano sul mondo naturale e sugli esseri umani.
Un crogiolo di paure e desideri, che incarna il potere di trasformare, di creare e di distruggere, riflettendo le tensioni profonde di una società in rapida evoluzione.
© L’Almanacco delle Streghe
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Bibliografia di riferimento e fonti:
- Castaldi, Helen, e Ilaria Borjigid Bohm. Tracce pagane nelle credenze relative alle streghe dell'Europa medievale e moderna, 2012.
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Ginzburg, Carlo. Storia notturna. Una decifrazione del sabba. Milano: Adelphi Edizioni, 2017 (1ª edizione 1989).
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Henningsen, Gustav. "The Ladies from Outside", in Bengt Anakrloo e Gustav Henningsen, a cura di, Early Modern European Witchcraft. Centres and Peripheries. Oxford: Oxford University Press, 2001.
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Laorca, Raffaella. Le Tre Valli stregate: documenti per la storia delle streghe nei Baliaggi svizzeri di Riviera, Blenio e Leventina, 1641-1676. Locarno: Armando Dadò, 1992.
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Muraro, Luisa. La Signora del Gioco. La caccia alle streghe interpretata dalle sue Vittime. Milano: La Tartaruga Edizioni, 2006.