Il calderone, strumento emblematico delle streghe, emerge come un simbolo intriso di potere e significato, rappresentando un vero e proprio contenitore alchemico dove si intrecciano storie di dee e streghe. Non si tratta semplicemente di un oggetto magico, ma di un portale verso la comprensione delle complessità della vita, della morte e della rinascita. Figure femminili come Ceridwen, Cailleach, Badb, Baba Yaga, Circe, Medea, Coventina, Gunnlod e Brigid ci guidano attraverso le diverse dimensioni di questo straordinario strumento, ognuna esprimendo e incarnando aspetti fondamentali dell’esistenza: creazione, purificazione, destino, trasformazione, magia, guarigione...
In questo approfondimento vi porto con me in un viaggio alla scoperta delle storie legate a queste divinità, rivelando come i calderoni non siano solo simboli di magia, ma anche fonti di ispirazione e introspezione. Attraverso i miti e le leggende, scopriremo le chiavi preziose che queste figure offrono per affrontare le sfide quotidiane e abbracciare la nostra personale trasformazione.
Prepariamoci a immergerci e a riscoprire il significato nascosto nel calderone che custodiamo dentro di noi, simbolo di un’arte antica che continua a ispirare e guidare.
CERIDWEN E IL CALDERONE DELL’ISPIRAZIONE
La mitologia celtica è piena di storie, leggende e racconti in cui è presente il simbolo del calderone. La Dea del Calderone per eccellenza nella cosmogonia celtica è senza dubbio Ceridwen, potente dea mutaforma e guardiana della trasformazione spirituale, nonché dispensatrice di giustizia suprema. È considerata una delle cinque dee di Avalon e il cinghiale bianco è il suo animale totem. Ceridwen incarna le sfaccettature della Fanciulla, Madre e della Vecchia, tuttavia è principalmente onorata nell’aspetto della Vecchia, in particolare in una triade che forma insieme a Blodeuwedd e Arianrhod, a simboleggiare così il grande potere trasformativo del calderone stesso, come vaso alchemico attraverso cui l’ordinario diventa il magico. Ceridwen è anche una dea della luna, che governa i doni della profezia e della magia, così come i poteri della morte e della rinascita.
Moltissimi sono i miti che riguardano Ceridwen, tra i più famosi trovate quello di Taliesin, contenuto nel Mabinogion. Si racconta che Ceridwen aveva due figli, la bellissima Creirwy e l’orripilante Morfran. Nonostante le loro differenze estetiche, Ceridwen amava entrambi allo stesso modo. Proprio per questo, per aiutare suo figlio e conferirgli il dono dell’ Awen, la saggezza e l’ispirazione poetica, Ceridwen decise di preparare una pozione speciale nel suo calderone magico. La preparazione della pozione richiedeva che la miscela bollisse incessantemente e venisse mescolata ripetutamente per un anno e un giorno. Per questo motivo, Ceridwen incaricò un uomo cieco di nome Morda di occuparsi del fuoco, affinché non potesse vedere cosa contenesse il calderone. Inoltre, affidò il compito di mescolare il tutto a un giovane del villaggio, un ragazzo un po’ distratto di nome Gwion Bach, troppo giovane e ingenuo per rendersi conto della magia che stava preparando. Secondo l’incantesimo, le prime tre gocce della pozione avrebbero sortito l’effetto desiderato, mentre il resto della pozione sarebbe diventato veleno. Il destino beffardo volle che proprio durante l’ultimo giorno di bollitura della pozione, tre gocce schizzarono fuori dal calderone e colpirono la mano del giovane Gwion, bruciandola. Istintivamente, egli portò la mano alla bocca per lenire la scottatura, assorbendo così la saggezza che era stata destinata al figlio di Ceridwen. Con la sua nuova conoscenza, Gwion capì che Ceridwen sarebbe stata furiosa e fuggì. Scoprendo che la sua pozione e il suo incantesimo erano stati rovinati e che Gwion era scomparso, Ceridwen si mise alla sua ricerca, dando inizio a una caccia selvaggia. Per sfuggire alla Dea, Gwion si trasformò in una lepre, ma Ceridwen divenne in un levriero. Saltando nel fiume, il ragazzo divenne un salmone, e allora Ceridwen si fece lui si trasformò in un uccellino, e lei in un falco. Gwion arrivò addirittura a farsi chicco di grano all’interno di un grande mucchio, e Ceridwen allora si trasformò in una gallina, lo trovò e lo mangiò! Eppure, in qualche modo, forse a causa del potere della pozione, Gwion non venne distrutto; anzi, Ceridwen rimase incinta di lui. La Dea decise che lo avrebbe ucciso alla nascita, ma alla fine non riuscì a compiere il gesto. Così, Ceridwen lo mise in un contenitore e lo gettò nell’oceano, dove fu salvato da un principe e crebbe per diventare il leggendario bardo, poeta e mago Taliesin.
Il calderone di Ceridwen è spesso interpretato come simbolo del grembo materno, un’immagine potente che rappresenta la creazione e la trasformazione. Tuttavia nel mito, il calderone viene utilizzato per tentare di realizzare ciò che il suo stesso grembo non è riuscito a compiere: rendere speciale suo figlio. Ceridwen, madre devota, è spinta da un amore incondizionato e dalla determinazione di offrire il meglio al proprio figlio, ma quando i suoi piani falliscono, la sua furia irrompe. Nonostante ciò, è attraverso il suo corpo e il suo grembo che Gwion, il giovane servitore, si trasforma in Taliesin. La metamorfosi non avviene direttamente nel calderone, ma attraverso la pozione che esso contiene. In questo contesto, il calderone si rivela essere uno strumento magico di straordinaria potenza, un contenitore di energia creativa e trasformativa. Esso custodisce i misteri dell’universo e rappresenta la fonte di cambiamento. Questo mito ci ricorda che, anche con le migliori intenzioni, la pianificazione e tutti gli strumenti giusti a disposizione, non sempre si può controllare l’esito delle proprie azioni, neanche di quelle magiche. Alcuni eventi sono al di fuori del nostro dominio, e talvolta è più saggio permettere che l’ispirazione si manifesti secondo i propri termini, senza forzature. Nella storia di Ceridwen, il calderone incarna anche il ciclo eterno di morte e rinascita. Non è un calderone ordinario, ma un vero e proprio Calderone di Ispirazione, che sostiene il profondo lavoro di trasformazione e magia che ha attraversato le epoche. Le Streghe, nel corso dei secoli, hanno aggiunto erbe e ingredienti al suo interno, attingendo da esso per creare i propri incantesimi e generare cambiamenti significativi nelle loro vite. Invocare Ceridwen e il potere del suo Calderone dell’Ispirazione, significa aprirsi a grandi trasformazioni, richiamare l’ispirazione divina e creare un’Arte (intesa tanto come opera artistica quanto come stregoneria) potente. Ceridwen vi invita a mescolare il suo calderone per evocare i poteri del mutaforma, utili per affrontare situazioni incerte nella vita. Il calderone di Ceridwen, quindi, non è solo un simbolo di potere, ma anche un richiamo a esplorare la vostra trasformazione interiore e a lasciarvi guidare dalle correnti della vita.
CAILLEACH E IL CALDERONE DELLA PURIFICAZIONE
La Cailleach, antica dea gaelica della natura e del clima, è una figura venerata in tutto il Regno Unito, il cui nome significa "vecchia" o "strega". Cailleach domina la terra, il mare, le piante e gli animali, ed è legata a numerosi luoghi geografici, tra cui il vortice di Corryvreckan, noto anche come “Calderone del plaid”.
La coperta di Cailleach
Secondo la leggenda, la Cailleach esce d’inverno per lavare il suo grande plaid in questo vortice situato a nord dell’isola di Jura, sulla costa occidentale della Scozia. Il processo di lavaggio dura tre giorni, durante i quali si può avvertire il rumore di una tempesta in avvicinamento fino a 32 chilometri nell’entroterra. Gli scozzesi narrano che, prima che il calderone inizi a bollire, un forte temporale ventoso preannuncia l’arrivo dell’inverno. Al termine di questo rituale, il plaid della Cailleach diventa di un bianco puro, simboleggiando la neve che copre la terra e l’inizio della stagione invernale. Il vortice di Corryvreckan, uno dei più grandi e temuti al mondo per la sua imprevedibilità, diventa così un elemento centrale nel mito, dove le azioni di una dea spiegano non solo la peculiarità geografica del luogo, ma anche il cambiamento delle stagioni. La trasformazione del plaid, che passa dal suo stato originario a un bianco immacolato, riflette sia una purificazione fisica che una spirituale. Questo simbolismo suggerisce che il lavaggio del plaid rappresenti la pulizia dell’anno vecchio, preparando il terreno per l’inizio di uno nuovo.
Lasciatevi purificare dal Calderone
In questo contesto, la Cailleach non è solo una divinità legata alla natura, ma diventa anche una figura che invita alla riflessione personale. La purificazione del corpo può rispecchiare la purificazione della mente e dello spirito, sollevando domande su quali pesi e fardelli si portano dentro di sé. Quali elementi del passato vi trattengono e vi impediscono di accogliere il nuovo? La Cailleach, con il suo potente rituale nel vortice di Corryvreckan, vi esorta a considerare il ciclo della vita e la necessità di liberarvi per rinnovarvi.
BADB E IL CALDERONE DEL DESTINO
Badb è una Dea irlandese della guerra, principalmente associata alla morte e alla distruzione, è anche custode del Calderone Sacro che le dona il potere sul destino, il tempo e la rinascita. Badb possiede un’abilità inquietante e a volte scomoda: quella di vedere attraverso le persone. La Lavandaia del Guado (come viene chiamata) percepisce con straordinaria chiarezza tutto ciò che si nasconde dentro di voi. Vi terrà stretti con i suoi artigli e vi costringerà a guardare dentro di voi facendovi interfacciare con le vostre verità più dolorose. Si unirà al vostro lamento, piangerà e contemplerà il lutto insieme a voi, ma laverà anche via i vostri dolori e vi aiuterà ad andare avanti. Nel corso del tempo, la figura della Lavandaia del Guado ha subito molte trasformazioni e diversi sono i miti, le leggende e le raffigurazioni che la vedono protagonista. È uno degli aspetti di Morrigan, e il titolo di Lavandaia del Guado le è stato attribuito perché si diceva che apparisse lungo i guadi dei fiumi, lavando i vestiti o le armature di coloro destinati a cadere in battaglia, avvertendoli del loro destino. Successivamente, si trasformò nella Banshee e nella fata Bean-Nighe, perdendo il suo status da dea per diventare una donna fatata che lava la biancheria insanguinata presso i guadi, e la sua apparizione è presagio di morte per chi la vede.
Il corvo della battaglia
Badb si manifesta in molte forme nella mitologia irlandese. Nella sua forma guerriera, è chiamata Catha Badb, che significa “corvo della battaglia”. Si dice che volasse sui campi di battaglia, e che con i suoi strilli instillasse la furia bellica nei guerrieri a lei cari e la follia nei loro nemici. Durante la battaglia di Clontarf nel 1014 d.C., si narra che Badb sia apparsa urlando e decretando le sorti del combattimento, così come nel 870 d.C. si dice sia apparsa per per incitare la frenesia bellica delle armate.
Il legame di Badb con la profezia è particolarmente significativo. Tra le manifestazioni della Morrigan, è Badb quella che appare più spesso per offrire profezie e avvertire eroi e dei su ciò che li attende se non cambiano il corso del loro cammino. Ella appare alla regina Maeve in sogno, avvisandola della caduta di suo figlio in battaglia e della necessità di vendicarlo.
Nella tradizione delle fate, ci sono molte lavandaie fatate al guado collegate alla profezia, probabilmente ispirate a Badb e al suo compito di lavare armature insanguinate. Se ci si avvicina a loro con gentilezza, a volte concedono un desiderio; altre volte, invece, annegano coloro che si avventurano troppo vicino.
Ciò che colpisce di più riguardo a Badb come Lavandaia al Ford è che, sebbene possa sembrare spaventosa, quando ci si avvicina a lei con un desiderio sincero di liberarsi dai propri fardelli, ella può rivelarsi molto confortante. Permette di rilasciare il dolore e il trauma; le sue acque lavano via il sangue e rinnovano, affinché si possa continuare a combattere.
Lasciatevi lavare dal Calderone
Badb è anche associata al Calderone del Destino, il calderone della vita. Sebbene il calderone simboleggi la vita, si crede che se il calderone di Badb trabocca, il mondo finirà. Per gli antichi Celti, vita e morte erano indissolubilmente legate. Badb, con il suo calderone ribollente e traboccante, distrugge il mondo affinché possa rinascere. Lasciatevi quindi immergere e lavare nel Calderone del Destino da Badb.
Intraprendere un percorso di cambiamento può sembrare un’impresa ardua, ma con alcuni accorgimenti può diventare un’esperienza di crescita e scoperta personale. Spesso, un evento significativo come una perdita, una rivelazione o un profondo senso di insoddisfazione ci spingono a cercare il cambiamento. Prendetevi un momento per riflettere su ciò che sta innescando il vostro cambiamento, poiché comprendere la causa può offrirvi chiarezza e motivazione per andare avanti.
Un altro aspetto fondamentale da considerare è l’importanza del lutto e della perdita. Non sottovalutate il valore di questo processo nel contesto del cambiamento. È normale provare tristezza e dolore per ciò che lasciate andare, e concedervi la libertà di piangere è essenziale per liberare le emozioni e prepararvi a ciò che verrà. Durante questo percorso, ricordate di essere gentili con voi stessi. Non abbiate fretta di "guarire" o di sentirvi immediatamente meglio; ogni persona evolve a un ritmo diverso. Ascoltate le vostre esigenze e concedetevi il tempo necessario per affrontare questo processo.
Lasciatevi “lavare” dalla Lavandaia del Guado con umiltà e sincerità.
BABA YAGA E IL CALDERONE VOLANTE
Baba Yaga è una figura affascinante della tradizione slava, è una strega leggendaria che compare in numerose fiabe e racconti di folklore dell’Europa orientale, in particolare in Russia. Questa misteriosa vecchia è descritta in modi diversi: a volte si presenta come una dolce nonna, altre come un orribile mostro, calvo, con il naso adunco e i denti di ferro. La sua natura ambivalente la rende sia benevola che malevola, un trickster perfetto, a seconda del suo umore e delle sue intenzioni. Tra le sue caratteristiche più peculiari c’è quella di volare in un grande calderone o, in alternativa, in un enorme mortaio che guida usando il pestello come timone. A questi oggetti, simboli del suo potere di strega, si aggiunge anche la sua scopa di betulla argentata che Baba Yaga usa per spazzare via le tracce della sua presenza. Baba Yaga vive in una capanna incantata, situata nel cuore della foresta, sorretta da gambe di gallina che le permettono di spostarsi. Quando è ferma, la sua dimora è circondata da una recinzione composta da ossa umane, illuminata da teschi infuocati, un’immagine decisamente macabra. Questa strega rappresenta l’imprevedibile, incarnando la morte, lo Spirito della Foresta e la donna selvaggia che sfugge al controllo maschile. Non si può mai essere certi se sarà d’aiuto o se porterà danno. Il suo calderone simboleggia il suo potere e funge da portale che la trasporta dove desidera, mentre la natura stessa, con il suo mistero, può offrire aiuto o distruzione.
La fiaba di Vasilisa
La storia di Baba Yaga ci insegna che l’identità non è un concetto rigido, ma fluido. Può aiutare coloro che incontra nel suo cammino o cercare di mangiarli. Una delle fiabe più celebri che la riguardano è "Baba Yaga e la bella Vasilisa". In questa storia, Vasilisa vive con una matrigna crudele e le sue sorellastre, dopo la morte della madre. Porta sempre con sé una bambola, un regalo della madre, simbolo di saggezza e intuizione, che la guida nelle situazioni difficili. Quando la matrigna manda Vasilisa a chiedere a Baba Yaga del fuoco, la fanciulla è consapevole che la vecchia strega ha la fama (e la fame…) di mangiare coloro che si recano a farle visita. Baba Yaga, una volta incontrata, costringe Vasilisa a svolgere compiti impossibili, ma la bambola, dono d’amore materno, aiuta la fanciulla a superarli tutti, invocando l’assistenza delle creature della foresta. Quando la strega si accorge che i compiti sono stati completati, la donna alla bambina un teschio fiammeggiante per riportare il fuoco a casa. Al ritorno, il potere del teschio incenerisce la matrigna e le sorellastre malvagie, e la storia si conclude con Vasilisa che sposa lo Zar, trovando finalmente la felicità.
Lasciatevi guidare dal Calderone
Se mai vi doveste imbattere in Baba Yaga nei boschi, è importante trattarla con rispetto, poiché la sua stregoneria è leggendaria e la sua magia è unica. Per lavorare con l’energia di Baba Yaga e del suo Calderone Volante, potete seguire alcune indicazioni: ascoltate la vostra intuizione, proprio come Vasilisa ha fatto con la sua bambola, e imparate a riconnettervi con la vostra saggezza interiore. Inoltre, cercate di abbracciare le vostre contraddizioni, proprio come fa Baba Yaga, accettando la dualità della vostra natura e riconoscendo il valore sia della luce che dell’ombra che vive in voi.
CIRCE E IL CALDERONE DELLA TRASFORMAZIONE
Circe è la dea incantatrice e ammaliatrice della mitologia greca, figlia di Helios e di Perseide, secondo alcune versioni sorella di Eete, Pasifae. Secondo altre genealogie sarebbe invece figlia di Ecate e sorella di Medea. Ovunque la si collochi la si ritrova all’interno di famiglie legate alla magia e forse per questo nel corso dei secoli, la sua alta posizione di “dea” è stata offuscata dal suo ruolo di “maga” consegnandola alla storia come “la maga Circe”.
Circe omerica
La vicenda più importante di Circe è quella che viene narrata nell’Odissea. Durante il loro viaggio verso Itaca, Odisseo (o Ulisse) e il suo equipaggio giungono sull’isola di Ogiga. Mandati alcuni uomini in esplorazione, dopo breve tempo solo uno sconvolto Euriloco torna sulla spiaggia dal proprio capitano facendosi portavoce di un racconto terribile. Gli uomini esplorando la foresta si sono imbattuti in una magnifica dimora dove all’interno delle mura una donna, o forse una dea, era intenta a tessere e cantare. Quando le porte del palazzo si aprirono, apparve Circe in tutta la sua bellezza, che come da consuetudine nelle usanze greche, invita gli ospiti a entrare e a rifocillarsi. Tutti accettarono l’invito tranne Euriloco che assiste così al funesto prodigio:
«E quella, subito uscì e aprì le porte splendenti
e li invitò: essi, stolti, tutti insieme la seguirono.
Euriloco invece rimase indietro: sospettò l’inganno.
Ella li condusse dentro, li fece sedere su sedie e seggi,
e per essi formaggio e farina e giallognolo miele
mescolò con vino di Pramno; e nell’impasto aggiunse
veleni funesti perché del tutto scordassero la patria terra.
Ma quando a loro lo diede ed essi bevvero, allora subito
li percosse con la sua verga e li rinchiuse nel porcile.
Ed essi di porci avevano e testa e voce e peli
e tutto il corpo, ma la mente era intatta, come prima.
Così quelli piangenti furono rinchiusi; e a loro Circe
buttò ghiande di leccio e di quercia e corniolo,
quali sempre mangiano i porci che dormono per terra».
e li invitò: essi, stolti, tutti insieme la seguirono.
Euriloco invece rimase indietro: sospettò l’inganno.
Ella li condusse dentro, li fece sedere su sedie e seggi,
e per essi formaggio e farina e giallognolo miele
mescolò con vino di Pramno; e nell’impasto aggiunse
veleni funesti perché del tutto scordassero la patria terra.
Ma quando a loro lo diede ed essi bevvero, allora subito
li percosse con la sua verga e li rinchiuse nel porcile.
Ed essi di porci avevano e testa e voce e peli
e tutto il corpo, ma la mente era intatta, come prima.
Così quelli piangenti furono rinchiusi; e a loro Circe
buttò ghiande di leccio e di quercia e corniolo,
quali sempre mangiano i porci che dormono per terra».
Udita questa storia, Odisseo si mette subito in cammino per raggiungere i suoi uomini e liberarli. Dirigendosi verso il palazzo, incontra il dio Ermes, messaggero degli dèi, con le sembianze di un ragazzo cui spunta la prima barba, che gli svela il segreto per rimanere immune ai suoi incantesimi. Se mischierà in ciò che Circe gli offre da bere un’erba magica chiamata moly, non subirà alcuna trasformazione. Ulisse raggiunge Circe, la quale gli offre da bere (come aveva fatto con i suoi compagni), ma Ulisse, avendo avuto la precauzione di mescolare il moly con la bevanda, non si trasforma in porco. Egli minaccia di ucciderla, al che riconosce la propria sconfitta e ridà forma umana ai compagni di Odisseo e tutta la flotta trascorrerà un anno sull’isola di Circe. Durante gran parte di questo tempo, Ulisse condivide il letto di Circe. Quando alla fine giunge il momento di ripartire, Circe si fa consigliere e aiutante magica per Odisseo, rivelandogli prima come evocare gli Spiriti dei Morti e poi facendoli una serie di profezie sulle sfide che dovrà ancora affrontare prima del rientro a casa. Alla fine per agevolare il viaggio: «Circe dai bei riccioli, (la terribile Dea dalla voce umana) mandò un vento favorevole che gonfiava le vele: un valido compagno».
La Coppa e il Calderone
Nella vicenda di Circe più del Calderone a essere protagonista è la coppa. Presente tra le mani della dea anche in diversi dipinti e sculture che mostrano Circe sempre nell’atto di offrire il calice ai suoi visitatori, è nella coppa che è contenuto il ciceone, la pozione con le erbe metamorfiche e i potenti pharmaka che Circe somministra con l’inganno. Tuttavia questi “veleni funesti” che più volte appaiono nelle vicende circee, comprese quelle narrate di Ovidio, è logico che prevedano la preparazione in un calderone: il Calderone della Trasformazione di Circe. Nonostante non appaia dichiaratamente, c’è un passaggio nel Libro X dell’Odissea in cui però un calderone appare. Siamo in quel punto della vicenda in cui l’eroe ha appena domato e vinto la dea che si fa sua concubina e che ordina alle proprie ancelle di servire al meglio Odisseo, così:
«Una stendeva sui sedili dei bei teli
di porpora mettendo sotto dei tappeti;
un’altra accostava ai sedili dei tavoli
d’argento e vi appoggiava piatti d’oro;
la terza versava in un cratere d’argento del vino
dolce come il miele e disponeva sui tavoli coppe d’oro;
la quarta portava l’acqua e faceva ardere il fuoco
sotto un grande tripode: e l’acqua si scaldava.
Quando l’acqua bollì nel lucido bronzo, lei mi fece sedere
nella vasca e mi lavò, versandomi sulla testa e sulle spalle
l’acqua che aveva mescolata con quella del tripode;
così liberò il mio corpo dalla stanchezza mortale».
di porpora mettendo sotto dei tappeti;
un’altra accostava ai sedili dei tavoli
d’argento e vi appoggiava piatti d’oro;
la terza versava in un cratere d’argento del vino
dolce come il miele e disponeva sui tavoli coppe d’oro;
la quarta portava l’acqua e faceva ardere il fuoco
sotto un grande tripode: e l’acqua si scaldava.
Quando l’acqua bollì nel lucido bronzo, lei mi fece sedere
nella vasca e mi lavò, versandomi sulla testa e sulle spalle
l’acqua che aveva mescolata con quella del tripode;
così liberò il mio corpo dalla stanchezza mortale».
Questo calderone di “lucido bronzo” nel quale bolle acqua che la Dea poi mescola con altra acqua per lavare Odisseo che immediatamente viene liberato dalla stanchezza mortale, è probabilmente uno dei magici calderoni di Circe che trasformano i liquidi contenuti al proprio interno in brodi magici e trasformativi, compresi la comunissima acqua.
Lasciatevi trasformare dal Calderone
Nonostante Circe sia una dea che usa con maestria il calderone, la coppa, finanche la bacchetta non è nessuno di questi strumenti a generare il suo potere, bensì la sua profonda conoscenza di erbe, pozioni e veleni. I nostri strumenti non rappresentano la fonte della nostra forza; essi ci supportano semplicemente nel nostro cammino. Il vero potere risiede nella conoscenza che si acquisisce attraverso un apprendimento costante. Una Strega istruita è una Strega più potente! Lasciatevi trasformare dal calderone di Circe e invocate il suo potere metamorfico per suscitare il vostro cambiamento interiore.
MEDEA E IL CALDERONE DEL POTERE
Medea è una figura complessa nella mitologia greca, una femme fatale e fonte di molte controversie e conflitti. È collegata alla magia in quanto nipote o sorella di Circe, a seconda delle genealogie famigliari nelle quali viene inserita, e addirittura figlia di Ecate. La fama di Medea è dovuta soprattutto alla tragedia scritta da Euripide che la vede protagonista e che la consegna alla storia come la donna che si vendica del tradimento del marito Giasone uccidendo i loro figli. Le vicende però di Medea e del suo calderone si trovano in altri episodi della sua vita. In particolare nelle Argonautiche di Apollonio Rodio, ove si legge che:
«Quando, dopo un lungo viaggio di ritorno, gli Argonauti giunsero a Iolco, un’amara delusione attendeva Giasone: il padre Esone era morto e Pelia non aveva alcuna intenzione di cedergli il regno. Ancora una volta Giasone ricorse all’aiuto di Medea. Questa cominciò a frequentare la corte e divenne amica delle figlie di Pelia. Un giorno mostrò loro un incantesimo: prese un vecchio caprone, lo tagliò a pezzi, lo pose a bollire in una pentola, pronunciò alcune formule magiche e improvvisamente dalla pentola balzò fuori un agnellino. Rivolgendosi alle stupefatte figlie di Pelia, la maga disse: - Questo incantesimo ha effetto non solo sugli animali, ma anche sugli uomini; se volete che vostro padre Pelia, ormai vecchio e in punto di morte, ringiovanisca, dovete fargli quel che ho fatto al caprone. - Le ingenue giovani credettero alle parole di Medea, afferrarono il padre, lo uccisero e lo fecero a pezzi; ma è inutile dire che questa volta la formula magica non ebbe alcun effetto e Pelia non tornò in vita. Tuttavia neanche stavolta Giasone poté ottenere il regno; infatti il popolo, sdegnato e terrorizzato dalle arti magiche di Medea insorse e costrinse i due a fuggire in esilio».
L’inngannevole Calderone di Medea
Ancora più dettagliato è lo stesso episodio narrato da Ovidio nel Libro VII de Le Metamorfosi. Il poeta latino conferisce a Medea e al suo calderone tutto il potere e l’immaginario tipico della Strega che prepara pozioni, filtri e veleni. Nella versione ovidiana, Re Esone non è morto ma vecchio e moribondo e proprio l’intervento di Medea diventa miracoloso:
Medea, con i capelli al vento,
come una Baccante, gira intorno agli altari che fiammeggiano,
immerge torce di sterpi nel sangue nero delle fosse
e, così intrise, le accende al fuoco degli altari; tre volte
purifica il vecchio con la fiamma, tre con l’acqua, tre con lo zolfo.
Intanto dentro una pentola, posta sul fuoco, bolle e ribolle
un filtro potente, che fermenta in una schiuma biancastra.
Lì Medea cuoce radici tagliate nella valle dell’Emonia
insieme a fiori, semi ed essenze eccitanti.
Vi aggiunge sassi che vengono dall’estremo Oriente,
e sabbia lavata dalla risacca dell’Oceano;
e ancora brina raccolta in una notte di luna piena,
ali immonde, con l’intera carcassa, di vampiro,
viscere di lupo mannaro, che è in grado di mutare il suo muso
selvaggio in volto d'uomo; e non manca nemmeno
la pelle fine e squamosa di un chelidro del Cìnife
e il fegato di un cervo nel fiore degli anni; al tutto aggiunge
testa e becco di cornacchia vissuta nove secoli.
Quando con queste cose e mille altre senza nome
ebbe la straniera approntato il dono promesso al vegliardo,
con un ramo di pacifico ulivo da tempo essiccato
rimestò il tutto mescolandolo dalla superficie al fondo.
Ed ecco che il vecchio legno, girato nella pentola bollente,
dapprima rinverdisce e poi di lì a poco si copre di foglie
e all’improvviso si carica d’olive mature.
Così ovunque il fuoco abbia fatto schizzare schiuma dalla bocca
della pentola e gocce calde sian cadute a terra, il suolo
si fa primaverile e spuntano fiori e morbidi letti d’erba.
Come lo vede, Medea impugna la spada, recide la gola
al vegliardo e, dopo aver lasciato uscire il sangue viziato,
lo sostituisce col suo filtro. Quando Esone se n’è imbevuto,
attraverso la bocca o la ferita, si dilegua la canizie
e barba e capelli riacquistano in breve il loro colore scuro.
Fugge sconfitta la macie, scompaiono pallore e sfinimento,
con il rassodarsi del corpo si colmano i solchi delle rughe
e l’aspetto rifiorisce. Esone si guarda sbalordito
e ricorda d’essere stato così solo quarant’anni prima.
Il calderone di Medea ribolle quindi di ingredienti magici che creano un filtro ringiovanente, ed è proprio questo che la maga della Colchide promette alle figlie di Re Pelia in ansia per il padre ormai vecchio e malato, ignare del grande risentimento che la donna nutre nei loro confronti:
[Medea] fuggì alla reggia di Pèlia chiedendo asilo.
Anche costui era fiaccato dal peso degli anni e così lei
fu accolta dalle figlie. In poco tempo astutamente
se le ingraziò con la malia di una falsa amicizia;
ed enumerando i propri meriti, citò, fra i maggiori, quello
d’aver sottratto Esone allo sfacelo; insistendo sull’argomento
riuscì a insinuare nelle fanciulle la speranza
di poter ringiovanire con quelle arti il loro genitore.
E questo chiedono, invitandola a fissare lei stessa il compenso.
Medea per un po’ tace, quasi incerta se accettare o no,
e, affettando un’aria grave, le tiene col cuore in sospeso.
Infine, dopo averglielo promesso: "Perché abbiate più fiducia
nel dono che vi faccio," dice, "prima trasformerò coi miei filtri
il più vecchio montone, che guida il vostro gregge, in agnello".
Subito, tratto per le corna attorte intorno al solco delle tempie,
le viene condotto un montone stremato da un’infinità d’anni.
Con un coltello d’Emonia la maga trafigge la gola flaccida
Dell’animale (solo qualche goccia di sangue macchia la lama),
poi, insieme ai suoi succhi di rara virtù, ne immerge il corpo
in una caldaia di bronzo. I succhi rimpiccioliscono gli arti,
corrodono le corna e con le corna gli anni,
così che dal cuore della caldaia si ode un tenero belato.
È un lampo: fra lo stupore generale un agnello balza fuori
e saltellando corre via in cerca di poppe piene di latte.
Attonite le figlie di Pèlia, appurato che c’è da fidarsi
della promessa, insistono con foga ancor maggiore.
Tre volte Febo aveva tolto il giogo ai suoi cavalli immersi
nel fiume d’Iberia e alla quarta notte scintillavano radiose
le stelle, quando la perfida figlia di Eèta mise a bollire
sul fuoco ardente acqua fresca ed erbe senza alcun potere.
E già il re, con il corpo abbandonato, e tutte le sue guardie
erano in preda a un sonno simile alla morte, un sonno
infuso per incanto in virtù della magia che hanno le parole.
Come ordinato, le figlie varcano la soglia con lei
e attorniano il letto. “Perché ora esitate e non agite?”
dice Medea. “"Impugnate le spade e cavate il sangue invecchiato,
così ch’io possa riempire le vene esangui di giovani umori.
Nelle vostre mani sono la vita e la gioventù sua:
se avete un po’d’affetto e non rimuginate la speranza invano,
rendete a vostro padre questa grazia, cacciatene la vecchiaia
con la forza e fate uscire la sanie affondando il pugnale.”
A questi sproni sono le più devote a farsi empie per prime,
e per evitare un delitto, lo commettono. Però nessuna
ha il coraggio di guardare mentre colpisce: distolgono gli occhi
e di spalle infliggono con mano crudele ferite alla cieca.
Malgrado grondi sangue, Pèlia riesce a levarsi sui gomiti,
mezzo squartato tenta di alzarsi dal letto
e tendendo fra tanti pugnali le braccia esangui:
“Che fate, figlie mie?” grida. “Chi mai vi arma contro la vita
di vostro padre?”. Quelle si sentono mancare il cuore e le braccia.
E avrebbe detto di più, se Medea non gli avesse troncato in gola
la voce, affogandolo, così straziato, nell’acqua in fiamme.
Ma se non si fosse levata in volo con i suoi serpenti alati,
non avrebbe evitato la vendetta. Così fuggì nello spazio…
Lasciatevi stregare dal Calderone
È chiaro che, in tutte le sue numerose interpretazioni, il personaggio di Medea possiede una profonda conoscenza delle erbe, delle pozioni e delle forze magiche che governano il suo mondo. Il Calderone del Potere, simbolo centrale di questo mito, rappresenta un crogiolo di inganno, illusione e astuzia, ma è fondamentale sottolineare che le azioni di Medea non sono esclusivamente dettate dalla voglia di imbrogliare e ingannare. Gli incantesimi che ella prepara all’interno di quel calderone avevano il potere autentico di trasformare e rinnovare. La Strega contemporanea, come Medea, è caratterizzata da una duplice natura: quella dell’astuzia e dell’inganno. Le sue capacità non si limitano a mere illusioni; una parte della sua arte è reale e tangibile, mentre un’altra potrebbe essere solo un abbaglio, un gioco di prestigio che cela intenti più oscuri. Questo ci mette in guardia: è fondamentale essere cauti nel scegliere a chi affidare la propria fiducia, poiché non sempre le persone hanno le migliori intenzioni nei nostri confronti. Inoltre, è importante ricordare che non siete obbligati a svelare i vostri segreti solo perché qualcuno vi chiede di farlo. La riservatezza, il silenzio, sono forme di protezione e possono rivelarsi essenziali in un mondo dove le intenzioni altrui possono essere ambigue. Così come Medea utilizza il suo calderone per creare, trasformare e talvolta distruggere, anche voi avete il potere di scegliere quali parti di voi stessi condividere e quali tenere nascoste, proteggendo così la vostra essenza, il vostro benessere, la vostra sovranità e il vostro potere!
COVENTINA E IL CALDERONE DELLA GUARIGIONE
Coventina, la Dea britannica e celtica delle fonti d’acqua sacre, incarna temi profondi e universali come i desideri, l'acqua, la purezza e l'innocenza. Il suo simbolo, l’acqua, rappresenta non solo la vita e la sostanza, ma anche la chiarezza e la virtù che essa porta con sé. Questa Dea fluisce armoniosamente insieme ai Blajini, gli spiriti dell'acqua, per nutrire le nostre esistenze e rispondere ai desideri più sinceri del nostro cuore.
Nelle rappresentazioni artistiche, Coventina è spesso ritratta come una ninfa dell’acqua, leggiadra e serena, che fluttua su una foglia e tiene in mano vasi colmi d'acqua. Questa immagine evoca un senso di grazia e fluidità, riflettendo il potere purificatore e rinnovante dell’acqua. Le offerte destinate a ingraziarla, come spille, votivi, monete e pietre semipreziose, testimoniano il profondo rispetto e la venerazione che i suoi devoti nutrono nei suoi confronti.
Lasciatevi guarire dal Calderone
Coventina è strettamente associata a temi di guarigione, rinnovamento e abbondanza. È una Dea di nuovi inizi e cicli della vita, fungendo da fonte di ispirazione e protezione per coloro che si preparano a dare vita o a intraprendere un nuovo cammino. Nel suo culto, le monete e altri oggetti venivano gettati nei pozzi, considerati portali magici e simboli del grembo della terra. Questi luoghi sacri erano ritenuti spazi in cui il suo potere poteva manifestarsi in modo più intenso e palpabile.
I simboli di Coventina, come il calderone, la coppa, l’acqua, le monete, le spille e i pozzi, sono emblemi della sua essenza e della sua influenza. È una dea connessa anche alla divinazione e il mistero di ciò che è sconosciuto. Nonostante molte informazioni su di lei siano andate perdute nel tempo, è noto che Coventina era venerata come la regina delle Dee dei fiumi, simboleggiando così il legame intrinseco tra il flusso delle acque e il trascorrere del tempo.
La sua connessione con l’Oltretomba, in particolare nelle tradizioni scozzesi, la identifica come Dea delle creature volanti senza piume, capaci di attraversare il confine tra il nostro mondo e quello oltre. Così, Coventina non è solo una custode delle acque, ma anche una guida nei misteri dell’esistenza e della vita dopo la morte. La sua presenza invita a riflettere sul ciclo eterno della vita, sul flusso e riflusso delle esperienze e sull’intimo legame tra desideri e realtà.
GUNNLOD E IL CALDERONE DELLA SAGGEZZA
Gunnlod è una dea norrena della poesia, descritta come una gigantessa e custode dell’Odrerir, l’idromele della poesia che simboleggia l’ispirazione e la creatività artistica. Questa bevanda preziosa è conservata in tre calderoni, nascosti nelle profondità della terra, che rappresentano simbolicamente il grembo di Gunnlod. La mitologia narra che Odino, per ottenere l’idromele, sedusse Gunnlod per tre giorni e tre notti, finché non riuscì a penetrare nella terra, un atto interpretato anche come la perdita della verginità di Gunnlod. L’idromele, chiamato anche “sangue saggio”, conferisce poteri di immortalità e magia a Odino, trasformandolo in un dio supremo.
Lasciatevi insegnare dal Calderone
In questo racconto, il calderone non è solo una fonte di conoscenza e ispirazione, ma simboleggia anche il potere creativo che si può ottenere attraverso il sacrificio. I tre calderoni rappresentano diverse forme di saggezza, suggerendo che la vera comprensione e creatività derivano da esperienze profonde e trasformative. Ad esempio, Odino, per rubare il potere dei tre calderoni di “sangue saggio”, penetrò l’utero della terra sotto forma di serpente, riuscendo a bere l’idromele. Questa bevanda gli conferì la capacità di cambiare forma, permettendogli di trasformarsi in un’aquila per donare l’idromele ad altri.
BRIGID E IL CALDERONE DELLA CREAZIONE
Brigid, la DeaFanciulla della luce, della fertilità e della poesia, è una figura centrale nel pantheon celtico. Signora di Imbolc, la sua celebrazione segna la transizione dell’inverno alla primavera, un momento di rinnovamento e di nuova vita. Tra i tanti simboli a lei associati, il calderone emerge come un potente emblema di creazione e trasformazione. Il Calderone della Creazione di Brigid non è solo un recipiente, ma un crogiuolo di fuoco e di acqua, capace di contenere le sue fiamme sacre e le acque purificatrici che rappresentano le diverse dimensioni del potere e della saggezza di Brigid.
Le tre Fiamme del Calderone
Il calderone di Brigid è noto per contenere tre Fiamme Sacre, ognuna con un significato profondo:
La Fiamma dell’Ispirazione: Questa fiamma rappresenta la creatività e l’illuminazione. È la scintilla divina che accende la mente e il cuore degli artisti, dei poeti e di chiunque cerchi di esprimere la propria verità. Per la strega contemporanea, questa fiamma è un invito a connettersi con la propria intuizione e a dare voce alle proprie passioni. È un promemoria che la creatività è un atto sacro, un dono che può essere condiviso con il mondo.
La Fiamma della Forgia: Simboleggia la trasformazione e il potere della lavorazione dei metalli. Questa fiamma è associata al lavoro artigianale, alla creazione di strumenti e oggetti, ma anche al processo di cambiamento interiore. Per le streghe moderne, rappresenta il potere di forgiare la propria realtà, di plasmare le esperienze e le sfide in opportunità di crescita e guarigione. È un invito a utilizzare le proprie mani e la propria volontà per creare una vita autentica e significativa.
La Fiamma del Focolare: Questa fiamma rappresenta il calore e la sicurezza del focolare domestico. È il simbolo della famiglia, della comunità e dell’accoglienza. Per la strega contemporanea, essa rappresenta l’importanza di creare uno spazio sacro, un rifugio dove si può nutrire il proprio spirito e quello degli altri. È un richiamo a prendersi cura di se stessi e degli altri, a costruire legami solidi e a celebrare la vita in tutte le sue forme. È la fiamma della purificazione e della guarigione spirituale e relazionale.
Il Calderone come Pozzo di Guarigione
Oltre alle fiamme, il Calderone della Creazione di Brigid può contenere anche le acque sacre, trasformandosi nel Pozzo di Guarigione. Questo aspetto del calderone è fondamentale per comprendere la sua dualità: il fuoco che crea e trasforma, e l’acqua che purifica e guarisce. Le acque sacre rappresentano la capacità di rinnovamento e il potere della guarigione, sia a livello fisico che spirituale.
Per la strega contemporanea, il Pozzo di Guarigione è un simbolo di introspezione e di ristabilimento dell’equilibrio interiore. È un luogo in cui si possono lasciare andare le ferite del passato, purificarsi dalle energie negative e ricevere nuove intuizioni. La pratica della meditazione, del rituale e del lavoro energetico può essere un modo per accedere a queste acque sacre, permettendo alla guarigione di fluire in ogni aspetto della vita.
Lasciatevi plasmare dal Calderone
In un mondo che spesso sembra caotico e disconnesso, Brigid offre un modello di equilibrio tra il sacro e il quotidiano. I suoi calderoni, sia di fuoco che di acqua, ci invitano a esplorare le dualità della vita: creare e distruggere, ispirare e guarire, essere forza e accoglienza.
Per trarre insegnamenti dal Calderone della Creazione di Brigid, possiamo iniziare a integrare queste saggezza e questa magia nostra vita quotidiana. Creare uno spazio sacro in casa, dedicare del tempo alla meditazione e alla riflessione creativa, e praticare rituali di guarigione possono aiutarci a connetterci con la nostra essenza più profonda.
Inoltre, possiamo abbracciare il potere della comunità, creando legami di supporto e condivisione con gli altri. Brigid ci ricorda che, attraverso il calore del focolare, possiamo costruire un mondo più luminoso e accogliente.
Continuate ad alimentare le fiamme e a versare acqua nel Calderone della Creazione di Brigid: lasciatevi plasmare dal Calderone Sacro!
© L’Almanacco delle Streghe
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